I am a man who walks alone
And when I’m walking a dark road
At night or strolling through the park
When the light begins to change
I sometimes feel a little strange
A little anxious when it’s dark
Fear of the dark
(Iron Maiden)
Nonostante le poche ore di sonno, mercoledì ho ripreso ad allenarmi all’alba: 5km di camminata veloce in un’oretta e dieci bruciando 394 calorie.
Stasera e martedì i consueti e distensivi esercizi Yoga, così da chiudere per l’ultima volta i cerchi e terminare la close the rings challenge di Febbraio.
Lunedì invece ho deciso di allenarmi in notturna, esplorando zone diverse vicino al mio quartiere.
Solitamente, come ormai saprete, preferisco rimanere all’interno di NoLo, non per un senso di profonda appartenenza integralista, ma perché ormai conosco varie opzioni vicine a casa e lontane dal traffico.
Per iniziare la settimana da un’altra prospettiva, ho pensato di attraversare i confini orientali delineati da via Palmanova e dirigermi verso Parco Lambro, ignaro di quello che avrei vissuto da lì a poco. Ecco il racconto di quella notte da brivido!
Mancava poco a mezzanotte, le strade erano quasi deserte, c’era così poca gente in giro che la ragazza del chioschetto in via Feltre stava schiacciando un pisolino con un occhio chiuso ed uno lasciato semi aperto, pronto a destarla all’arrivo dei clienti.
Arrivai all’ingresso del parco giusto al giro di boa, pronto per tornare indietro e chiudere il percorso da 5km e andare a dormire, ma fu in quel momento che il desiderio di varcare quella cupa soglia prese il sopravvento accantonando il razionale senso di cautela.
Il parco a quell’ora è quasi completamente al buio e soprattutto è off limits in quanto rifugio di ogni genere di male intenzionati, ma come il più scontato dei film horror, la curiosità prese il sopravvento, annullando ogni forma di raziocinio.
Mosso da questo insensato istinto decisi di fare giusto un giro intorno allo stagno, o meglio la grande fossa dove converge e sfoga il Lambro quando, durante le piene, esonda inesorabilmente.
La pozza si trova vicino alla strada principale, circa una decina di metri sotto il livello della carreggiata, tanto che, dopo un po’ che cammini in quelle vie alberate, ti dimentichi di essere così vicino a via Feltre e ti sembra di essere quasi in mezzo ai boschi.
Intorno al laghetto infatti c’è uno stretto percorso sterrato che parte in prossimità dell’ingresso principale del parco e scende giù per il pendio fino un paio di metri dalla riva dello stagno, per poi risalire a spirale fino a congiungersi con il sentiero che porta alla collinetta che sovrasta la riva occidentale del Lambro, prima che quest’ultimo abbandoni il parco, continuando il suo viaggio verso il Po.
Quella sera gli alberi sul sentiero erano illuminati solo dal lato della montagnetta, mentre dall’altro lato si mostravano scuri e misteriosi. L’acqua dello stagno era immobile e la presenza di idrocarburi nelle acque accentuava la capacità riflessiva tanto da specchiare la luce alogena del lampione come fosse una luna piena.
Sono uno che cammina spesso da solo e quando sono su una strada buia è difficile che mi spaventi o abbia alcun tipo di timore, l’unica cosa che mi mette un po’ d’ansia è quando la luce inizia a cambiare e le ombre si allungano di colpo o anche quando i lampioni al mio passaggio si spengono senza alcun motivo, per poi riaccendersi all’improvviso.
Al contrario, invece, mi piace contemplare, o meglio ancora, ascoltare la natura avvolta dall’oscurità, merito probabilmente della mia adolescenza arricchita dai tanti anni trascorsi con gli scout con cui ero solito fare tanti campi o uscite notturne nei boschi dell’Aspromonte o della Sila o anche grazie ai tantissimi bagni di mezzanotte fatti in Calabria, illuminati soltanto dal chiaro di luna e dai falò sulla spiaggia.
La sensazione, però che stavo provando in quel momento, era molto diversa dal solito, come se stesse per accadere qualcosa da un momento all’altro.
Fu allora che decisi di mettere pausa alla playlist che finora accompagnava il mio workout, scelta anche con l’intento di isolarmi da quella atmosfera tetra e proiettarmi al di là di quella situazione, senza prestare molta attenzione a ciò mi circondava, come uno spettatore distratto dalla colonna sonora.
Appena interrotta la musica venni rapito dallo spettrale e inaspettato silenzio di quel luogo che immediatamente mi avvolse e mi scaraventò all’interno di quell’oscuro paesaggio, come fossi stato risucchiato in una realtà parallela dove non ero più l’osservatore, ma il protagonista di quell’ambientazione.
Iniziai a sentire strane sensazioni, come se il parco iniziasse a prendere vita e tutto ciò che prima era immobile e sicuro, tutto ad un tratto apparisse incerto e sfuggevole.
Le ombre dei rami mossi dal vento si intrecciavano come artigli nel tentativo di catturare il mio passo e l’erba ai bordi della strada sembrava, pian piano, perdere colore ed intensità, come se fosse vittima di un maleficio.
All’improvviso, dal fondo del sentiero vidi spuntare una piccola ombra. Non riuscivo a definirne ancora la forma e le effettive dimensioni, ma quello che ero certo che sì muoveva velocemente verso di me.
Fu in quel momento che mi accorsi di essermi fermato sul vialetto e di stare fissando quel paesaggio chissà da quanti minuti.
Il Watch continuava a registrare i battiti cardiaci come durante un esercizio aerobico, nonostante io avessi smesso di camminare da un po’ di tempo, congelato in una sorta di immobilità tonica naturale, come se il mio corpo si fosse bloccato improvvisamente per non farsi vedere dal predatore, valutando la migliore strategia di attacco o di fuga.
In poche parole, se non fossi un’incorreggibile orgoglioso, vi direi che che stavo iniziando ad avere paura.
A quel punto, alla vista di quell’improvvisa e insolita incursione, mossi il piede destro lateralmente, per cercare un punto di appoggio più solido ed una visuale più chiara di quanto stesse accadendo.
Ecco che, come previsto da qualsiasi sceneggiatore che si rispetti, le mia Mizuno arancio fosforescente, nel cercare quella prospettiva migliore, spezzò un piccolo rametto adagiato sull’erba, provocando un lieve, ma riconoscibilissimo rumore, che in una frazione di secondo segnalò con esattezza la mia posizione.
In quel preciso istante l’adrenalina in corpo arrivo al culmine, ma allo stesso tempo la sensazione di disagio che mi stava minacciando negli ultimi minuti svanì improvvisamente alla scoperta di quel spaventoso mistero.
Nel sentire infatti quel rumore sotto i miei piedi, la creatura misteriosa si rivelò essere nient’altro che un piccolo coniglietto selvatico, che accortosi della mia imponente seppur impaurita mole, si diresse, terrorizzato più del sottoscritto, verso la collinetta.
Come se non fosse successo niente, tirai un sospiro di sollievo, mi guardai intorno e, rimesse le cuffie, ripresi a camminare a ritmo sostenuto in direzione casa, pronto riposare dopo questa movimentata nottata ed affrontare con ancora più coraggio, un nuovo giorno di allenamento senza alcuna paura, tantomeno la paura del buio.
Iron Maiden – Fear of the dark – Fear of the dark (1992)
Fra! Complimenti, hai il dono della scrittura, ho letto quest’ultimo post trattenendo il fiato fino alla fine, mi sembrava di essere lì al parco!
Grazie Steffy! Sei un tesoro!
Troppo buona!