Typically, the performance has a story:
a beginning, the crescendo and the end.
(Marina Abramovic)
Come sempre affascinato dalla simbologia numerica ricorrente in questo blog, che con l’ultimo post ha raggiunto proprio 42 articoli pubblicati, ho deciso di rileggere fugacemente l’intero racconto che ha accompagnato e descritto questo lungo percorso iniziato a fine Gennaio.
Seppur pienamente cosciente dei risultati ottenuti finora, mi sono comunque sorpreso osservando e rivivendo i progressivi sviluppi avuti in questi 9 mesi.
Nonostante sia passato così tanto tempo e sebbene l’intero programma sia stato effettivamente diviso in differenti fasi, mi piace immaginare questo mio allenamento come un’unica performance.
Solitamente, ogni performance ha una storia che può essere tracciata sulla medesima linea: un inizio, il crescendo e la fine.
Tutto prende il via da un incipit improvviso ed insolito, generato da un attimo di estro e di follia, oppure da un momento di estrema lucidità e determinazione, o come spesso accade, come nel mio caso, da ambo le cose contemporaneamente, che innescano l’inizio di una nuova impresa.
In principio si cerca di seguire diligentemente il nuovo flusso stabilito, improvvisando quando occorre e cercando di mettere alla prova le proprie capacità note fino ad allora.
In poco tempo si finisce con l’adattarsi a quelle novità e istintivamente si cerca di oltrepassare quei confini che fino a quel momento sembravano insormontabili, superando inaspettatamente i propri limiti.
Di solito a questa fase segue un’escalation di esperimenti che intensificano ogni sforzo in un crescendo ipnotico e coinvolgente che esalta qualsiasi fattore interessato, fisico ed emotivo.
Una volta all’apice di questo climax iperbolico, si è pronti per affrontare la prova finale per cui ci si è tanto impegnati, che rappresenta la fine di ogni fatica.
Attraversato quel traguardo, formalmente, tutto si conclude, tutto torna all’equilibrio e alle condizioni iniziali, seppur con la consapevolezza che mai nulla sarà come prima.
Spesso infatti quell’arrivo può diventare un nuovo punto di partenza per nuove ambizioni e nuovi stimoli, a patto di mantenere il medesimo impegno e quel pizzico di follia che ha reso possibile quella performance.
Al ritorno da Dublino il programma, era arrivato ad un punto cruciale, in cui era necessario intensificare gli sforzi per portare l’allenamento al livello successivo.
Avendo pienamente assorbito l’adattamento iniziale dei primi mesi ed avendo raggiunto quanto definito, occorreva incrementare i carichi in un crescendo graduale e controllato.
In ambito musicale il crescendo è il cambiamento progressivo della dinamica, ossia l’aumento graduale dell’intensità del suono di un singolo strumento o, come Rossini amava comporre, la ripetizione di alcune battute da parte di un’orchestra, in cui vengono introdotti gradualmente differenti sezioni di strumenti in un crescendo dinamico, accompagnato spesso da un’accelerazione dell’andamento.
Al rientro dall’Irlanda, con l’aiuto del buon Fabster, ho strutturato i miei allenamenti, cercando di massimizzare gli sforzi attraverso differenti stili di workout dal duplice intento: da una parte abituare il corpo a distanze sempre più significative e dall’altra aumentare progressivamente il mio ritmo gara.
Avrò modo di raccontarvi i miei long run nel prossimo post, ma oggi vorrei concentrarmi proprio sul crescendo derivato dai workout progressivi.
Da un mesetto a questa parte, infatti, ho sostituito gli interval training, le classiche ripetute, con le progression run, la differenza potrà sembrare minima, ma in realtà sono state una fattore davvero significativo per il mio allenamento.
Le ripetute sono un eccellente strumento per sviluppare progressivamente l’efficienza e la resistenza alla fatica a velocità di marcia più elevate offrendo la possibilità di recupero tra un intervallo e l’altro, rallentando il ritmo prima di riprendere la corsa o addirittura fermandosi un paio di minuti per riprendere fiato.
Le progression run invece iniziano con un ritmo solitamente agevole per poi incrementare progressivamente, nel mio caso ogni 5/6K, mantenendo costante il pace fino al blocco successivo, senza però mai fermarsi o rallentare.
Il giorno prefissato per questo genere di allenamento è stato il Mercoledì, solitamente il giorno successivo della consueta e più lenta recovery run, utile ad assorbire i carichi della long run domenicale.
Dopo aver smaltito i meravigliosi 25K percorsi nella splendida capitale irlandese, ho iniziato ad allenarmi in tal senso, incrementando progressivamente il mio andamento medio.
Se vi ricordate ad Agosto avevo dedicato due giorni alla settimana alle ripetute trasformando gran parte dei power walking infrasettimanali in brevi corsette, con un pace sotto i 10:00/km.
Nelle prime settimane di Settembre dopo i 30K in Liguria, ho lavorato per abbassare ancora di un minuto a chilometro il mio ritmo gara portandolo sotto i 9:00’/km.
L’allenamento progressivo che ho iniziato da 5 settimane e che terminerà settimana prossima, è stato un vero e proprio crescendo rossiniano.
Inizialmente ho accelerato il ritmo per guadagnare 30 secondi a chilometro tra il primo ed il secondo blocco nei workout di ogni Mercoledì delle prime settimane.
Successivamente ho lavorato per limare ancora di 15 secondi a sessione, fino ad arrivare 7:30’/km, così da poter sperare di correre durante la maratona ad 8:30’/km con maggiore facilità.
Certo se penso al keniano Eliud Kipchoge, che pochi giorni fa ha infranto il muro delle 2h correndo la Maratona di Vienna fluttuando tra i 2:48’/km e i 2:52’/km, i miei sembrano risultati davvero insignificanti, ma sapendo da dove tutto è iniziato non posso che essere fiero e felice.
Anche se un po’ di ansia inizio a sentirla ogni tanto. Sembra sciocco, ma in questi giorni vivo la cosa con un’insolita apprensione, non tanto per la prestazione finale, ma per la bramosia di arrivare ad Atene il prima possibile per potermela godere, qualsiasi sia il risultato finale, senza incorrere in vicende inaspettate che distoglierebbero la concentrazione e la grinta con cui mi sto preparando da mesi.
Rimanendo sempre in tema, da un punto di vista cinematografico, generalmente nei film ricchi di suspense, dopo un crescendo può sopraggiungere un twist, ossia un artificio narrativo che ha il compito di sorprendere lo spettatore con un colpo di scena insolito ed inaspettato che devia il naturale corso degli eventi.
Ovviamente spero non sia il mio caso!
Non fraintendetemi, adoro improvvisare e gestire l’imprevedibile e nel corso di questi mesi ho avuto modo di raccontarvi la mia capacità di trasformare ogni possibile criticità o cambio di programma in qualcosa di positivo, ma vorrei tanto che queste ultime settimane volassero il più velocemente possibile e senza intoppi.
Manca ormai veramente poco e devo mantenermi lucido e positivo per vivere al meglio le ultime sessioni di allenamento.
Una volta terminato potrò finalmente prendere il volo per la capitale greca carico e pronto per godermi la gara, canalizzando l’adrenalina e tutte le emozioni vissute finora in un ultimo vincente e avvincente crescendo.
SebastiAn – Crescendo (Final) – Notre Jour Viendra (2010)
Vorrei essere una mosca bianca ed esser ad Atene con te!!! Dai che ormai manca pochissimo al traguardo!!!