The best stories are the ones
with the unexpected plot twists
that no one would have guessed,
even the writer.
(Shannon L. Alder)
Lo scenario che ho descritto nel finale del precedente post è il famoso colpo di scena che temevo potesse arrivare all’improvviso e stravolgere i miei piani.
Un cambio repentino della trama che solitamente porta ad un susseguirsi di eventi inaspettati e spesso improvvisati.
Ho trascorso 42 settimane a prepararmi per correre al meglio delle mie possibilità, considerando il mio peso corporeo iniziale e la mia poca attitudine alla corsa, una distanza così impegnativa nella location più emozionante possibile, cercando di studiare ogni dettaglio che potesse prevenire ogni eventuale criticità.
Era fuori da ogni discussione solo pensare che un ingenuo errore di valutazione sulle pendenze, potesse compromettere il proseguo della gara ed il successo dell’intera challenge.
Il rischio di sbagliare approccio, da quel punto del percorso in poi, era molto alto e le condizioni climatiche, così mutevoli e avverse, condizionavano la mia lucidità e la velocità del mio pensiero.
Qualche tempo fa vi avevo confessato il segreto di tanta determinazione: non guardare troppo intensamente in direzione del traguardo, ma focalizzarsi su ogni singolo passo, sapendo che, proprio passo dopo passo, sarei arrivato comunque a quel traguardo che, in quel momento, appariva irraggiungibile.
Purtroppo quell’approccio estremamente tattico, che era stato di sicuro fondamentale per arrivare fin li, avrebbe potuto giocarmi un brutto scherzo nel momento meno opportuno.
Probabilmente avrei dovuto studiare maggiormente il percorso e scoprire in anticipo ogni insidia nascosta e riuscire eventualmente ad adattare in tempo l’allenamento e la strategia di gara.
A dire il vero proprio un mese fa, mi ero documentato sul web su come affrontare la maratona di Atene ed in effetti avevo già individuato la criticità nel dislivello e a tal proposito, se vi ricordate, avevo deciso di risalire la Martesana fino all’Adda, proprio in tal senso, per simulare una pendenza simile a quella che avrei incontrato in Grecia.
Quello che ho scoperto sul campo e successivamente andando ad osservare su Strava quanto registrato dal Tom Tom è che il dislivello riportato nelle guide di preparazione alla gara si riferiva al punto massimo raggiunto dal percorso, ma in realtà, siccome il tratto si sviluppava in tantissimi sali e scendi collinari, il dislivello positivo totale, ossia la somma di tutte le volte che si effettua una salita, superava di gran lunga sia quel valore che quello testato in Lombardia, arrivando a 400m, quasi il doppio rispetto ai 250 dichiarati dalle informazioni ricevute ed inoltre quelle pendenze non erano distribuite omogeneamente lungo tutto il percorso, ma erano strutturate su più riprese con percentuali di inclinazione sempre più alte.
Come vi stavo raccontando, tutto è iniziato appena superata la città di Nea Makri.
Nonostante il lieve dislivello iniziale, mi ero prefissato di arrivare fino a 21K mantenendo il più costante possibile il mio ritmo intorno ai 9:00’/km e così ho fatto, oscillando tra gli 8:50’/km e i 9:20’/km, con l’idea di accelerare progressivamente una volta superato la metà della gara.
Mentalmente per me scollinare ha sempre avuto un effetto psicologico positivo, perché da quel momento in poi, inconsciamente inizio a contare i chilometri alla rovescia, come fosse un vero countdown verso il traguardo e non immaginate quanto questo incida sul mio stato emotivo.
Intorno al 17º km ero stato tratto in inganno da alcune discese che sembravano essere più estese e l’idea di poter accelerare prima del previsto il passo, fino ad allora costretto a regimi più bassi per ponderare gli sforzi, mi aveva allettato parecchio, per cui, senza esagerare ho fatto un paio di chilometri ad 8:30’/km, ignaro che al 20º km mi avrebbe aspettato un pendio ancora più impegnativo.
È stato proprio nel tratto tra Rafina e Spata che ho dedotto che la salita da fare sarebbe stata ancora più impervia di quella precedente, e questo è stato un duro colpo da un punto di vista psicologico, perché mentalmente ero già proiettato ad incrementare gradualmente il passo ed invece mi sono trovato costretto a fare il contrario.
Finita la gara ho scoperto che dal quel momento in poi ho percorso il doppio del dislivello fatto fino a quel momento in metà della distanza percorsa. In breve se in 20km ero salito di un centinaio di metri in altezza, nella decina successiva ne ho dovuto fare altri duecento.
Fabster mi aveva parlato spesso della possibilità di avere un crollo psicologico intorno al 37º km. Mai avrei pensato di vivere quella sensazione già al 21º km.
Quella piccola crisi ha provocato di conseguenza una regressione delle prestazioni fisiche, ma al tempo stesso quel calo è stato intenzionale, perché una parte di me infatti stava realizzando che sarebbe stato folle accelerare gradualmente come da programma dai 21K in poi, considerando l’incremento costante del dislivello e quindi per paura di non riuscire a completare il percorso, ho rallentato il passo, superando addirittura in alcuni tratti i 10:30’/km, ma assicurandomi al tempo stesso di continuare a correre senza mai fermarmi.
Sapevo che così facendo non avrei fatto una prestazione outstanding, ma siccome il mio obiettivo era completare la mia prima maratona correndo, non volevo rischiare di dover iniziare a camminare o peggio ancora arrendermi per qualche problema muscolare.
Questo mio pensiero è stato validato dalle centinaia di persone che durante il tragitto ho visto ritirarsi proprio davanti a me o che improvvisamente hanno richiesto l’intervento dei medici che si trovavano praticamente lungo tutto il tracciato.
Avendo fatto quelle scelte e grazie ai tanti accorgimenti presi prima e durante la gara, io non ho mai avuto alcun fastidio o problema, e questo mi ha permesso di godermi in pieno l’intero percorso.
L’unico momento davvero tosto a livello fisico è stato proprio in prossimità della cuspide tra il 31º km ed il 32º km superata Gerakas, in quel momento, arrivato alla massima inclinazione raggiunta, probabilmente, sono arrivato al limite delle mie energie fisiche.
La svolta in tutto ciò è stato cercare in tutti i modi di non pensare alle difficoltà che stavo vivendo, ma cercare di distrarmi mentalmente con altre attività.
La prima cosa che ho fatto è stato cambiare musica, passando dalla mia adorata playlist grunge di inizio anni 90′ a qualcosa che avesse dei testi molto più impegnativi e ricercati così da distrarmi in quel tratto di strada.
I sofisticati e in alcuni tratti quasi elegiaci testi delle canzoni di Niccolò Fabi e Max Gazzè hanno soddisfatto in pieno quella insolita richiesta.
Man mano che la fatica aumentava ho iniziato anche a raddoppiare i miei personali check point, ossia quei mini traguardi mentali che solitamente fisso ogni 5km, ma che dal 25º km in poi ho deciso di intervallare ogni 2,5km, così da tenere impegnato il cervello per tratti ancora più ricorrenti.
Tra l’altro il fatto di aver scelto di integrarmi ogni mezz’ora e avere a disposizione i punti di ristoro come extra mi ha permesso di sincronizzare le 2 fasi di recupero circa ogni 15/20 minuti alternando con costanza l’idratazione al reintegro di sali minerali.
Una volta superata la vetta di quel pendio infinito, mentalmente tutto è stato più facile. Ho ritrovato velocemente perfino quella grinta che avevo perso durante la salita, anche se purtroppo il ritmo è rimasto lento per via della fatica accumulata fino a quel momento.
Alla fine dei conti, riflettendoci a freddo ad un paio di giorni di distanza, sotto alcuni punti di vista, è stato utile e positivo vivere in questo modo precario questa esperienza perché mi ha insegnato tanto su come vanno preparate le sfide di questo calibro e sopratutto perché altrimenti non avrei potuto comprendere di persona come vanno gestiti i momenti di difficoltà.
Da questo punto di vista non posso che essere soddisfatto e contento di aver affrontato il tutto con una lucidità ed una forza d’animo invidiabile, forte ovviamente del successo ottenuto.
Inoltre non vi nascondo che aver vissuto questa sfida con il dubbio ed il timore di non farcela fino alla fine, ha trasformato questa maratona in una avventura ancora più epica ed indimenticabile.
D’altronde si sa che le storie migliori, quelle più avvincenti, sono quelle che riescono a sorprendere all’improvviso il lettore con dei colpi di scena così inaspettati che nessuno li avrebbe mai immaginati, nemmeno lo scrittore stesso.
Arrivato in cima non c’era più tempo per altri dilemmi o altri disagi. Mancavano meno di 12km al traguardo e alla vittoria finale, e al solo pensiero di entrare in quello stadio ogni difficoltà è passata in secondo piano.
Per cui, messo da parte il cantautorato eclettico italiano, ho selezionato il Greatest Hits dei Foo Fighters pronto al rush finale che mi avrebbe regalato ben altri colpi di scena!
Underworld- Twist – A hundred days off (2002)
42.98km di corsa senza mai fermarti, senza mai arrenderti nonostante le avversità e salite (nel vero senso della parola)che man mano hai incontrato. La tua prima maratona. Devi solo essere fiero di te stesso, non mi stancherò mai di dirtelo!
Sei il nostro EROE.. Eravamo tutti lì con te a fare il tifo!! Grande Fra!! Soprattutto grazie per questa grande testimonianza di perseveranza e impegno!!! Tvb!!! 😘😘